23/02/2019
L’inps Pubblica le statistiche delle prime domande
Sono più di 60mila le domande presentate per accedere alla quota 100. L'Inps ha fornito i dati aggiornati al 22 febbraio, evidenziando anche da quali province provengono le domande e le altre caratteristiche dei richiedenti. In totale sono 63.414 i lavoratori che hanno chiesto di poter anticipare la pensione attraverso la quota 100 (in Sardegna oltre 2000) e uno dei dati che spicca, e che conferma quanto più volte denunciato dalla FNP e dalla CISL negli scorsi mesi (e ribadito nella manifestazione del 9 febbraio) è che la grandissima maggioranza di richiedenti è uomo. Come già da noi più volte anticipato le donne sono quelle penalizzate da una misura che richiede criteri - 62 anni e 38 di contributi - più facili da raggiungere per chi ha avuto una vita contributiva continua. Infatti finora hanno richiesto di poter accedere alla quota 100 più di 47mila uomini, contro 16.300 donne soltanto (meno del 26% delle domande presentate). L'enorme difficoltà delle donne ad avere pensioni anticipate nasce dalla scarsa partecipazione femminile delle italiane al mercato del lavoro, soprattutto nelle regioni del Sud anche di recente. Il tasso di occupazione femminile è intorno al 49% nel 2017 (rispetto al 67,1% degli uomini). “Noi chiediamo misure più adeguate che garantiscano equità sociale. L'abbiamo urlato il 9 febbraio ma il Governo finora non ci aveva ascoltato. Ora, dopo i dati Inps forse si apre uno spiraglio con l'incontro di lunedì prossimo” commenta ALBERTO Farina Segretario Generale della Federazione Pensionati della Cisl Sardegna “Ci sono tante soluzioni che si potrebberro proporre per modificare quota 100, come ad esempio riconoscere alle donne uno sconto di anni di contributi in base al numero di figli o di persone disabili a carico. Sarebbe una misura positiva, finalmente un simbolico riconoscimento alle donne, a parziale compensazione delle discriminazioni che spesso hanno dovuto subire nel corso della loro vita lavorativa, e dei sacrifici di coloro che per una vita intera hanno svolto non uno ma due lavori contemporaneamente, in azienda ed in casa, per giunta in assenza di servizi sociali adeguati. Potrebbe essere una misura per l'equità di genere e di giustizia sociale”