8 MARZO 2019 FESTA DELLA DONNA

8 MARZO 2019 FESTA DELLA DONNA

07/03/2019



Breve storia del femminismo

COME NASCE: L'idea di una giornata internazionale della donna nasce nel febbraio del 1909 negli Stati Uniti, su iniziativa del Partito socialista americano.  Non sono chiare le motivazioni che successivamente spinsero alla scelta della data 8 marzo, ma pare in ricordo della manifestazione contro lo zarismo delle donne di San Pietroburgo.

LA MIMOSA. La scelta dei fiori gialli della mimosa risale invece al 1946: le organizzatrici delle celebrazioni a Roma cercavano infatti un fiore che fosse di stagione e costasse poco: la mimosa, appunto.

LE ORIGINI DEL FEMMINISMO: in realtà il femminismo nasce molto prima della giornata internazionale della donna del 1909 ma storicamente molto tardi.

Virgo, vidua et mater, cioè “vergine, vedova e madre”: nel Medioevo erano questi i soli ruoli femminili degni di rispetto agli occhi della società. Si diceva anche quilibet in domo sua dicitur rex, cioè qualunque uomo nella propria casa può considerarsi un re”. Due massime valide molto, molto a lungo: né l'Umanesimo, né il Rinascimento, né l'Illuminismo, hanno scalfito la condizione subalterna delle donne.

L'INIZIO SULLA GHIGLIOTTINA: le prime avvisaglie del femminismo, ispirate agli ideali di fraternità, eguaglianza e libertà, risalgono al clima della Rivoluzione francese. Ne fu pioniera assoluta Olympe de Gouges (1748-1793), autrice della prima Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, che affermò che la donna, avendo “il diritto di salire al patibolo” a causa delle sue opinioni, aveva anche quello di “salire alla tribuna”. Fu presa in parola e ghigliottinata nel 1793 dopo che le fu amputata la lingua.

Le rivendicazioni furono poi portate avanti, tra le altre, dall'illuminista britannica Mary Wollstonecraft (1759-1797), a sua volta autrice della bellicosa Rivendicazione dei diritti della donna ma la nascita ufficiale del movimento femminista, che però, intrecciava temi sulla questione femminile e antischiavismo, è avvenuta nel 1848, anno dello storico Congresso sui diritti delle donne, a Seneca Falls (New York), nel quale fu chiesta la cittadinanza politica per “negri” (all'epoca, la parola era questa) e “donne”.

IN ITALIA: In Italia la marcia verso i diritti è iniziata più tardi ed è avanzata più lentamente. Le prime a sfidare la società sono state la repubblicana e mazziniana Anna Maria Mozzoni (1837-1920), la cattolica Teresa Labriola (1873-1941) e la socialista Anna Kuliscioff (1854-1925), ispiratrice della legge per la tutela del lavoro femminile e dei fanciulli (n. 242 del 19 giugno 1902) e del diritto di voto alla donna (che definiva ironicamente «il primo animale domestico dell'uomo»).

Ma più di tutte, fu Anna Maria Mozzoni (che scriveva sul quindicinale milanese La riforma del XIX secolo e su La donna, giornale di donne fondato a Venezia nel 1869 da Gualberta Beccari) a mettere in luce le contraddizioni che la società (e il parlamento) riservava alla donna, “angelo del focolare” a parole, sfruttata e sottopagata di fatto. L'ammissione delle donne a licei, ginnasi e università avvenne solo nel 1874. Nel frattempo si diffuse la consapevolezza dello sfruttamento femminile, sottolineato con i primi scioperi (per prime scioperarono le mondine, nel 1883), la nascita dei sindacati (il primo fu quello delle lavoratrici tessili, nel 1889), l'accesso agli uffici pubblici, telegrafici e postali, e le prime attività commerciali “rosa” (1882). A questo proposito ricordiamo la tragedia della Miniera di Montevecchio in cui morirono 11 donne ed altre 19 rimasero gravemente ferite il 4 maggio 1871. Un serbatoio di 80 metri cubi posto sopra il dormitoriosi rovescio causando il crollo del tetto sulle operaie ed in numero di undici vi trovarono morte istantanea. 

Con il fascismo, mentre le suffragette inglesi avevano finalmente conquistato il diritto di eleggere e di essere elette, i diritti femminili fecero un passo indietro. Perfino le insegnanti furono escluse dalle cattedre di Lettere e filosofia ai licei, e le tasse scolastiche per le studentesse raddoppiarono. Si stabilirono le mansioni lavorative adatte a donne: dattilografe, telefoniste, stenografe, conta banconote e biglietti, segretarie, annunciatrici, cassiere, commesse e sarte (con il regio decreto 838 del 29 luglio 1939).L'occasione per la rivincita arrivò con la Seconda guerra mondiale, quando le donne furono chiamate a sostituire gli uomini impegnati in guerra, e non esitarono a impugnare i fucili durante la Resistenza. Palmiro Togliatti e Alcide de Gasperi, a capo rispettivamente di PCI e DC, colsero l'importanza della presenza femminile nella società e con il decreto legislativo del primo febbraio 1945 le donne italiane conquistarono il voto.

Votarono per la prima volta il 2 giugno 1946, in occasione del referendum per la scelta tra monarchia e repubblica.

La parità giuridica formale è arrivata con la Costituzione del 1948, che stabilisce l'uguaglianza dei cittadini senza distinzione di sesso (art. 3), la parità dei coniugi rispetto ai figli (art. 29 e 39) e la parità tra uomo e donna sul lavoro (art. 51). Sono poi seguite le leggi ispirate ai nuovi criteri costituzionali, quella sulla parità di remunerazione tra uomini e donne, nel 1956 (nel 1950 Angela Cingolani è stata il primo sottosegretario), e quella sull'ammissione della donna a tutti i pubblici uffici (legge n. 66 del 1963), compresa la Magistratura (ed escluse Polizia, Guardia di Finanza e Forze Armate). Si mette così fine alla secolare discriminazione di genere, anche se in molti di quei casi solamente sulla carta.

Le tappe successive verso l'uguaglianza sono state le leggi sul divorzio (n. 898 del 1970), confermata col referendum del 12 maggio 1974, sulla tutela sociale della maternità e sull'aborto (n. 194 del 1978), confermata dal referendum del 5 agosto 1981. Tappa determinante fu la riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha cancellato il concetto di “capofamiglia” e l'attenuante per delitti d'onore, stabilita dal codice Rocco del 1930.

Oggi la società è diversa. Eppure, la parità dei diritti non è ancora stata raggiunta: all'obiettivo quantitativo “più posti di lavoro” non ha corrisposto quello qualitativo. Le donne predominano in settori professionali meno valutati, occupano un numero minore di posizioni di responsabilità e, in media, sono pagate meno degli uomini. E così pure le pensioni. Le pensioni delle donne sono di molto inferiori a quelle dell'uomo. La strada è ancora lunga