FESTA DI SANT’EFISIO

01/05/2019



A Cagliari oggi si rinnova di nuovo il voto perpetuo in coincidenza alla festa dei lavoratori

“Il lavoro come priorità, come piaga da sanare peggio della peste nera. Il lavoro per i nostri figli, per i nostri nipoti, per i nostri ragazzi. Il lavoro per sconfiggere la povertà. È questo che oggi come FNP e come CISL SARDA chiediamo a Sant'Efisio. Questo è  il nostro Primo Maggio.” Così il Segretario generale Cisl Pensionati Sardegna Alberto Farina, si esprime in questo giorno dedicato nel mondo alla Festa del lavoro ma per la Sardegna, soprattutto a Cagliari, particolarmente importante. Infatti il  Primo Maggio la Festa del Lavoro nell'Isola coincide con una delle processioni più antiche d'Europa. Il Patrono dell'Isola Efisio, Santo e Martire, sfila fin dal 1656 ma nonostante due guerre mondiali e tre secoli di miracoli ancora lotta contro la piaga più grande della sua terra: la povertà. Quando nacque la Festa del Lavoro nel luglio 1889 a Parigi, il piccolo cocchio di Sant'Efisio trainato dai buoi viaggiava già da 233 anni, e aveva percorso la bellezza di oltre quindicimila chilometri. Si tratta infatti della processione a piedi più lunga d'Europa, che scioglie un antico voto fatto dalla cittadinanza negli anni della grande peste (80 km). Un viaggio che inizia puntuale ogni anno a mezzogiorno dalla piccola chiesetta a lui dedicata nel cuore di Cagliari, sotto la secolare cura e attenzione dell'Arciconfraternita del Gonfalone di Sant'Efisio Martire, con un cerimoniale che lo porta nel giro di quattro giorni ad andare e tornare dalla chiesa romanica, un tempo campestre, di Nora, nel comune di Pula, dove il Santo fu decapitato nel 303 d.C. Nato nel 250 da madre pagana e padre cristiano nella città di Elia, in Asia minore, si arruolò giovanissimo nelle truppe di Diocleziano e fu un sanguinario sterminatore di cristiani. Ma nel suo viaggio verso l'Isola una notte ebbe una visione in sogno, e tra le nuvole scorse una croce che gli intimava di convertirsi. In quella visione spaventosa udì anche la voce di Dio preannunciare il suo martirio, che avverrà effettivamente pochi anni dopo, a seguito di lunghe torture. Nel tentativo di coprirsi il volto per proteggersi da quelle visioni apocalittiche, nella sua mano destra restò impresso lo stigma a forma di croce che ancora contraddistingue la statua, un'opera lignea del 1657, che viene trasportata in un cocchio nella sfilata del 1° maggio, e che rappresenta il santo vestito da soldato romano ma con barba e baffi, secondo la moda spagnola del periodo. Successivamente considerato un traditore da Diocleziano, venne prima fatto gettare in un pozzo, ai cui stenti sopravvisse e poi gettato tra i carboni ardenti, riuscendo a scampare vivo anche alle fiamme purificatrici. E solo allora la sua vita terrena si concluse con il taglio della testa sul patibolo dove oggi sorge la chiesetta di Nora. La sua “carriera” da Martire inizia invece milleduecento anni dopo, sulla base probabilmente di un culto ben più antico, ed è certamente un curriculum di tutto rispetto: innanzitutto sconfisse la peste. La peste nera fu portata ad Alghero da un marinaio spagnolo ammalato. In quegli anni con la Sardegna flagellata da carestie la peste nera ebbe gioco facile nel falcidiare l'isola e quando giunse nel Castello di Cagliari intorno al 1656 le cronache parlano di oltre duecento morti al giorno. In città non rimanevano che i sacerdoti più coraggiosi e misericordiosi, anch'essi moribondi ma che provavano a salvare i neonati, mentre adulti, madri e balie morivano. Quegli stessi sacerdoti che in assenza di un governo della città istituirono una tassa sul vino pur di tentare l'ultima carta richiesta a gran voce dalla popolazione: una processione. Un'idea folle, visto che il morbo non aspettava altro che assembramenti per diffondere il proprio contagio. Eppure quella primavera il cocchio uscì, e  la narrazione vuole che entro luglio il morbo si acquietò e nessuno morì più di peste nell'isola e in città per molti mesi. E da allora dopo 363 anni la processione si rinnova così ogni anno sempre uguale con rarissime eccezioni. Sant'Efisio compi' diversi miracoli anche in epoche successive, come nel 1793 far naufragare le navi napoleoniche che volevano approdare a Cagliari. Ma ora rimane davvero quello più difficile: il lavoro.